domenica 15 giugno 2014

Fucilazione di Marc Bloch (16 giugno 1944)



Marc Bloch, il più grande storico del XX secolo, ebreo, partigiano attivo nelle zona di Lione, fu catturato dalla Gestapo la mattina dell'8 marzo 1944. Dopo mesi di interrogatori- torture, fu trasportato con un camioncino in una zona sperduta, La Rousseille, nei pressi di Saint-Didier-de-Formans. Erano 28 prigonieri, e furono fucilati quattro alla volta in un prato nacosto da cespugli. Terminato il loro "lavoro" i tedeschi fuggirono di corsa, dopo aver sottratto ogni elemento di riconosimento dai corpi dei fucilati. «La scena della carneficina era brutalmente caotica; i corpi degli uccisi erano abbandonati sulla schiena, sulla pancia, o sui fianchi. Alcuni erno rannicchiati. Tra di loro c'era un cieco, con il bastone in mano. Un altro aveva un braccio destro artificiale...» (Carole Fink, Marc Bloch, biografia di un intellettuale, Milano 1999).

Goya, Le fucilazione del 3 maggio 1808 (Museo del Prado).
Fucilazione ordinata da Gioacchino Murat conto i popolani
che a Madrid si erano ribellati all'Invasione francese.




Dilexit veritatem: è la sigla con la quale, sulla scia di Renan, Bloch definì sempre il suo atteggiamento vero la vita. Una "vita militante", sul piano culturale come su quello politico. Non a caso l'oggetto della storia è per lui la vita, globalmente intesa. Non la storia politica, economica, religiosa, ecc....


Due anni fa pubblicai un libro su Marc Bloch. Voglio chiudere questo ricordo della sua morte con le ultime righe di quel mio libro. Esse sono tali da rendere significativo il valore della coscienza storica per la correttezza e l'efficacia dell'azione politica sul presente. Chi crede di poter costruire un futuro nuovo senza prendere conoscenza del passato è spinto inevitabilemente a compiere un balzo all'indietro. Il passato ci tiene, e ci tira a sè. Solo la storia costruisce la nostra coscienza critica del presenza, gli strumenti mentali che soli ci consentono costruire un futuro possibile. Senza quella coscienza il passato ci tira a sè per i palelli. Per altro senza coscienza storica restiamo inevitabilemente vittime della “comunicazione” altrui, dei "comunicatori", privi come siamo di sottoporre ad analisi critica i loro discorsi. Essi acquistano il fascino e il valore di "messi", di "unti" di Dio. Sono carismatici, portatori di un dono divino e dunque portatori di tesi inconfutabili. E' qui l'origine della dittatura. Queste le parole di Bloch:

“deliberatamente l’hitlerismo – leggete Mein Kampf e le conversazioni con Rauschning – rifiuta alle sue folle ogni accesso alla verità. Esso sostituisce la persuasione con la suggestione emotiva. Per quanto ci riguarda, noi dobbiamo scegliere: o fare del nostro popolo, a nostra volta, una tastiera che vibra, ciecamente, al magnetismo di alcuni capi (...); o formarlo per essere il collaboratore cosciente dei rappresentanti che egli stesso si è dati. Allo stato attuale delle nostre civiltà, questo dilemma non sopporta più mezzi termini […] La massa non obbedisce più. Essa segue, perché è stata messa in trance, o perché essa sa”.


Il futuro della civiltà europea, il futuro della democrazia dipendeva per Bloch dalla costruzione della coscienza “storica” del presente. Il carisma della regalità medievale non poteva e non doveva conservare un suo spazio nella democrazia. Esso poteva ancora, soltanto, essere strumento e fondamento di regimi totalitari, del potere dell'uomo solo al comando, alla maniera del nazismo. Il Carisma è la matrice di ogni totalitarismo: il carattere soprannaturale attribuito al potere costringe  allo stato di trance la massa che solo segue passivamente, privata di ogni coscienza critica.
 








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